Ultimi momenti della vita di Anna Martinelli.
Il
mio convento è a pochi minuti di strada dall'ospedale, dove la sig.ra
Anna da tre mesi è ricoverata per un grave difetto cardiaco. Mi è caro
recarmi di tanto in tanto a farle visita, in compagnia del suo figlio
maggiore, aspirante religioso nel mio medesimo convento. Povera
donna!... A trentacinque anni è attorniata da una corona di sei figli,
l'ultimo ancora lattante, e la morte, inesorabile, le si accosta decisa
a srapparla per sempre alle sue creature. Essa intravvede la fine; il
male è veramente grave. Ma da principio non ci vorrebbe pensare; non
può soffrire il pensiero di dover lasciare per sempre i suoi bambini. I
bambini: ecco tutto l'oggetto dei suoi discorsi nelle nostre brevi
visite. "Vorrei vedere i miei bambini, - dice - ma sono
così lontani..! E poi... sono troppo smorta in faccia; vero che
.......... ho il viso smorto?.. resterebbero male a vedermi."
Rivedere
di quando in quando Giovanni, il maggiore le è di grande sollievo, e mi
prega di portaglielo spesso. Quando giungo da lei con Giovannino,
l'espressione di dolore, dipinta sul suo viso dalla diuturna
sofferenza, scompare, sotto lo sforzo evidente di mostrarsi serena e in
istato di miglioramento. In una di queste visite trovo al capezzale
dell'inferma il sig. Vincenzo, suo marito. Al vedere la sua povera
donna distruta dalla malattia inesorabile, egli non può trattenere le
lacrime; troppo grande è la sventura che sta per abbattersi sul suo
capo: rimarrà solo, con sei bambini, e con la vecchia nonna epilettica
per giunta...!
Ma
lei, Anna, no, non piange. Non vuol vedere piangere neppure il marito!
Io non so davvero dove tenga in serbo tanta forza di volontà, tanta
energia morale questa donna. "Cosa piangi a fare? - dice al marito - Le lacrime caro mio, non servono a niente. Se piangi tu, chi penserà ai bambini..?" Pretende
dal marito che, in mezzo alla più grande sventura famigliare, conservi
la sua serenità perché i figli ne sentano meno il peso. E' la finezza
dell'amore materno. La povera inferma si sostiene a forza di volontà;
spera sempre di poter ritornare tra i suoi, a casa, e riesce a
mantenere una perfetta lucidità di mente. Si preoccupa del fastidio che
reca a coloro che le stanno intorno per prestarle soccorso: "Povera gente.. vitocca soffrire per me.!
Ma ripetuti attacchi abbattono la resistenza del suo fisico che non
regge più. La dell'Epifania ha una crisi fortissima; sembra l'attacco
definitivo del male. Mi fa chiamare per telefono. Vuole i Sacramenti.
Quando sono da lei, ella cerca di sorridere, e, mentre l'affanno
l'opprime: "Oh, siete venuto , Padre,.. - esclama - come sono contenta! Portatemi il Signore voglio confessarmi." E
si confessa, senza fretta, con piena coscienza che sta compiendo il
passo estremo. Quindi riceve la S. Comunione, dopo di che, insieme ai
presenti in lacrime, risponde alle preghiere che vado dettando. Tutti
sono colpiti dal modo con cui Anna pronuncia le parole, a voce alta,
con una calma impressionante, marcando l'amen finale con strano
accento. Ma - sembra un miracolo - l'inferma si riprende d'un tratto
dalla tremenda crisi, ed ora, quasi trasognata, col viso sempre
pallidissimo, esce in queste esclamazioni: "Come sono contenta..!
S. Antonio mi ha fatto la grazia.. L'ho chiamato e l'ho visto quì
davanti a me... ho pregato la Madonnina delle Lacrime e ho detto:
"Madonnina bella, fammi guarire!... e poi.. l'ho vista..: com'era
bella!.. Mi sembra un sogno. Che roba..! Ma S. Antonio mi ha fatto la
grazia..." E, dopo, qualche pausa, sorridendo: "Che bellezza,
il Padre mi ha portato la comunione!... Non ho mai fatto la Comunione
così volentieri come questa volta..., come sono contenta!" Durante
il corso della crisi, al marito che, col singhiozzo alla gola, le
chiedeva se avesse qualcosa da manifestare, aveva risposto: "Aspetta tu... non aver fretta. S. Antonio mi deve fare la grazia.. per i bambini."
Resiste
alla violenza del male per ancora quattro giorni. Il dieci Gennaio, nel
reparto chirurgia delmedesimo ospedale - vedi triste combinazione! - la
figlia secondogenita, di undici anni, deve subire l'operazione della
pendicite. Proprio in questo giorno la sig.ra Anna è gravissima, è
ricaduta in crisi un'altra volta, l'ultima. Il suo pensiero dominante è
tuttavia sempre per i figli, ora particolarmente per la piccola
operata, per la quale dà suggerimenti al marito circa il modo di
comportarsi con lei: "Stai attento - gli raccomanda - che non prenda niente; intingi un pò di cotone nell'acqua e bagnale le labbra. E non dirle....!" Il
sig.r Martinelli che si prodica ora per la sposa e per la figlia senza
riposarsi, senza prender cibo, perché lo stomaco non accetta nulla, col
pensiero dei piccoli lontani, con la nera prospettiva de futuro che lo
getta nella più triste angoscia, è disfatto, ma resiste e ripete a non
finire le scale per tener compagnia alla sposa e alla figlia, quasi
voglia trovarsi contemporaneamente al capezzale dell'una e dell'altra.
Cerco anch'io di stargli un poco accanto in questa burrascosa,
tristissima giornata, e, per quanto ci pensi, non posso abbracciare con
la mia mente tutto il sauo dolore. A sera porto anche Giovannino
all'ospedale, perché possa stampare ancora un bacio in fronte a mamma e
perché s'imprima un'ultima volta negli occhi e nel cuore le sembianze
della creatura più cara, che in vita non vedrà mai più. Sale pochi
istanti, perché la mamma, sforzandosi di tenere aperti gli occhi
semiaperti, volendo evitare una dolorosa impressione nel figlio, con
delicata materna furbizia mi dice: "Oh, Padre, mi avete portato Giovannino proprio questa sera.. che ho tanto sonno!" Capisco, e mi porto subito via il ragazzo,che, chinando il capo, esclama: "Si, la mamma ha tanto sonno, e, quando sarà addormentata non si sveglirà più!"
A
sera inoltrata, vengo di nuovo chiamato al letto della moribonda: ha
chiesto di me, e mi ci affretto. Comprende ancora benissimo ogni cosa.
Recitiamo alcune preghiere. A intervallo le viene somministrato
l'ossigeno; solo a intervalli, perché l'ospedale purtroppo ne è
insufficientemente provvisto. La poveretta ne domanda sempre, e a chi
le fa osservare che presto sarà finito, dice: "Datemelo lo stesso, quando è finito , finisco anch'io!..."
Sono infatti le ultime ore. Il marito le è sempre accanto, con la
commare ed altri congiunti. A lui Anna rivolge di tanto in tanto la
parola: "Vincenzo, è finita la tua donna per te...! poverino...! Il
pesante affanno le tronca la parola. E' il momento estremo.
L'agonizzante soffre terribilmente. gli occhi di tutti sono umidi di
lacrime, il marito singhiozza. ella sente e dice con forza: "Smettila
di piangere!" Ancora pochi profondi respiri...; poi, l'ultimo, quello
che segna la fine della sua vita terrena, lo vuol donare al suo
Vincenzo: si china su di lui e sul suo viso esala l'estremo respiro.
Un Padre Francescano.