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I ragazzi di Casa San Giuseppe

 

Un giorno in collegio - 1956-1961

Io arrivai a Casa San Giuseppe il 04-08-1956 all'età di 10 anni, provenivo dall'Italia. Appena terminata la quinta elementare, pertanto non sono nato in Libia. rimasi fino al 1961, frequentando le scuole industriali presso la scuola Roma di Tripoli, i professori che ricordo: italiano storia e geografia, professoressa Antinolfi - arabo professor Taleb - Lavoro officina meccanica professor Drago - falegnameria professor Arena - tecnologia meccanica laboratorio tecnologico e disegno tecnico, incisoria, il grande professor Angelini, gli altri purtroppo non li ricordo... , il mio compagno di banco si chiamava Lanza.


 

Come si svolgeva un nostro nuovo giorno a Casa San Giuseppe

Il nuovo giorno di un giovane ospite iniziava alle 6,30, con il battito delle mani della sveglia, effettuata dal frate francescano Frà Giacinto, barbuto frate francescano dell'ordine dei frati minori, con il battimano accompagnato dal suo vocione "dai su sveglia che è gia ora" ci faceva letteralmente saltare dal lettino, i ritardatari ancora assonnati godevano della sua stretta e paternale ma rude presenza. Davanti al proprio lettino in ginocchio, recitavamo la preghiera di ringraziamento del mattino per la buona notte trascosa tutti insieme, poi con l'asciugamano appeso alla spalliera del lettino, ci recavano presso i servizi, dove pur essendoci 8 lavandini e 4 gabinetti, bisognava attendere il proprio turno di arrivo.
Finito di resettarci e con l'asciugamano sulle spalle tornavamo nel dormitorio, ciascuno al suo posto, presso il proprio lettino, dovevamo dare aria al materasso e alle lenzuola, pertanto giravamo il materasso, e sbattevamo le lenzuola, rifacendo per bene il lettino, io avevo il numero 44, era situato sulla sinistra, a metà circa del salone dormitorio. Il lettino doveva essere fatto con cura, non dovevano esserci dossi o avvallamenti, la copertina di color verde militare con alle due estremità due righe chiare, proprio di quelle dell'esercito, penso date dagli americani o inglesi, come dicevo doveva essere perfetto, altrimenti la madre superiora che molto spesso assisteva quei momenti, ci richiamava indietro, e se la seconda volta non andava ancora bene, lo disfaceva personalmente e dovevamo rifarlo d'accapo, pertanto dovevamo essere svelti e precisi nel nostro fare quotidiano.
Finito nel salone dormitorio, ci mettavamo nell'atrio tutti in fila per due, per raggiungere la chiesa, dove recitavamo la funzione del mattino, finita la piccola e breve funzione, sempre in fila per due ci recavamo al refettorio, dove prima di sederci recitavamo la preghiera di ringraziamento per il cibo che il Signore ci donava. Tutti seduti ai propri tavoli divisi per cinque, al centro del refettorio c'era il tavolo con la cesta del pane, prodotto in cucina dalle suore, in fondo al refettorio era sistemato il tavolo del nostro Padre Umile Oldani, Vicario di Tripoli, era sempre presente con noi durante i 3 pasti quotidiani, salvo impegni.
Finita la colazione, in piedi davanti al nostro tavolo, recitavamo la preghiera del ringraziamento per il cibo avuto, e sempre in fila per due si tornava nell'atrio davanti al dormitorio, dove era siatemata su di una parete sopra ad una panca, una bacheca, nella quale erano descritti ed assegnati, i vari compiti di ciascuno di noi; pulire il dormitorio, gli atri, i corridoi, i servizi igienici interni ed esterni del cortile, i vari saloni, scale ecc... ecc.. anche i vetri e le porte varie. A tutti veniva assegnato un compito per tutta la settimana, a rotazione, questo perché nessuno potesse lamentarsi di subire ingiustizia, o trattamento diverso. Nello svolgimento dei servizi eravamo assistiti costantemente dalle suore, che controllavano che tutto venisse fatto con la massima diligenza pulizia e ordine. Io ero quasi sempre assegnato ai gabinetti esterni del cortile, e pulizia ghiaino esterno, bisognava rastrellarlo perfettamente, raccogliendo le varie cartine eventuali mozziconi di sigarette, questo lo si faceva con un bastoncino (mezzo manico di scopa) con un chiodo appuntito da una parte e, penso che pulivo talmente bene i gabinetti ed il cortile, che Padre Umile non volesse rischiare di cambiare, dato che quel posto non faceva gola a nessuno, immaginate servizi igienici esterni con 45° all'ombra, dove i ragazzini ne combinano di tutti i colori, e le mosche erano grandi come calabroni. A me non dispiaceva, perché non avevo intorno le suore, ed ero libero di operare nel migliore dei modi, ed ero solo!
I vari servizi dovevano terminare per le 7,10, massimo 7,30, perchè molti di noi frequentavano le scuole a Tripoli, e per raggiungerle ci volevano circa 15', allora la città dal collegio distava circa 4 km., oggi il collegio ne è inglobato, fa parte della città. Altri più giovani frequentavano le 5 scuole elementari che erano interne al collegio, pertanto si preparavano per andare in classe alle 8, mentre noi salivamo nel salone studio, per prendere i nostri libri legati con l'elastico colorato e, salire sul pulmino Volkswaghen blù guidato da Said, ragazzo a suo tempo ospitato nella struttura, e che avendo raggiunto la maggiore età, lavorava presso la Curia Vescovile come autista, oltre che portarci a scuola e venirci a prendere.
Ritornati da scuola con il pulmino guidato da Said verso le 12,20 circa, ci recavamo nel salone adibito a studio, per depositare nel proprio banco i libri di scuola, ed in fretta scendere le scale per trovarci nell'atrio davanti al dormitorio, in fila per due percorrendo il lungo corridoio passsando davanti allo studio di Padre Umile, entravamo nell'atrio davanti all'entrata della chiesa, per imboccare l'altro corridoio simmetrico, si arrivava nell'atrio davanti al dormitorio degli anziani, da cui si scendeva nell'interrato nell'atrio davanti alla cucina ed al refettorio, praticamente situato sotto il dormitorio degli anziani, pertanto delle stesse dimensioni. Il collegio era simmetrico, dividendo la chiesa a metà, era perfettamente tutto simmetrico, composto da un piano interrato e due piani fuori terra. Recandoci in refettorio, recitavamo la preghiera davanti al proprio tavolo, come al mattino, poi consumavamo il pranzo, dopo la preghiera di ringraziamento finito il pranzo sempre in fila per due senza strisciare i piedi per i corridoi (Se non volevamo far arrabbiare il Padre), ci recavamo per circa mezz'ora fuori nel cortile, dove facevamo quattro palleggi con il pallone di cuoio, qualcuno si sedeva all'ombra sui scalini esterni per il forte caldo, poi ci recavamo in dormitorio, non prima di esserci lavati viso mani e piedi. Verso le 14,00 ci svegliava il battimano di Frà Giacinto, era giunta l'ora dello studio, dovevamo lavarci il viso darci una rinfrescata, e recarci in 5 minuti in studio, dove fino alle 17,30 svolgevamo i compiti assegnatici il mattino, studiando le varie materie. La campanella situata in cortile ci avvisava che era giunta l'ora delle funzioni serali; al suono della campanella scendavamo in cortile per fare quattro salti, per poi rimetterci in fila e recarci in chiesa dove recitavamo la funzione serale. Finite le preghiere ci recavamo percorrendo il corridoio in refettorio, circa verso le 18,30, cenavamo percorrendo il solito iter di ringraziamento prima e dopo la cena, verso le 19,30, ci ritrovavamo di nuovo nell'atrio davanti al nostro dormitorio, dove Padre Umile ci congedava, dandoci il permesso di fare quello che a ogniuno di noi piaceva di più, sala giochi, o palleggiare in cortile o al campo sportivo, se cera luce a sufficienza, molte volte ci sedavamo sui gradini di entrata al nostro settore, per raccontare ogniuno la sua storia, sollecitati a farlo dal Padre, che sedeva su di una sedia sul pianerottolo delle scale, ricordo che chiedeva spesso "Chi offre la Cocacola o la Pepsi questa sera?", sapeva bene chi aveva il gruzzoletto lasciatogli dai propri genitori, e chi invece era povero in canna, e quei possidenti erano i predestinati all'offerta, qualcuno si dimostrava reticente, adducendo varie scuse e giustificazioni per non offrire quanto richiestogli, ma con Padre Umile c'era poco da girotondare. Per l'approvvigionamento delle bibite offerte, si doveva uscire dal perimetro del collegio, sulla statale per Sidi Masri, in direzione Tripoli, al termine del muro di recinzione del collegio, si trovava un piccolo chioschetto gestito da un locale, fornitissimo di prodotti locali e varie dell'epoca, prendavamo due o tre cassette di bibite in base ai ragazzi che si trovavano in quel momento sui gradini con Padre Umile, e tornavamo in collegio per goderci la bibita ed i racconti famigliari dei capitati di turno. Ricordo quel chioschetto all'angolo del muro di cinta perchè molto spesso qualcuno di noi (I più svelti e coraggiosi) scavalcavamo il muro di cinta per andarci a comperare un filoncino di pane ancora caldo riempito di tonno e "arissa", salsa piccantissima, ma che dava un tocco celestiale a quel panino, valeva la pena rischiare!
Verso le 20,30 massimo le 21,30, ci preparevamo per andare a letto, pertanto sotto il controllo del nostro Padre Umile ci recavamo nell'atrio interrato davanti alle docce e alla sala giochi, dall'armadio a muro dal nostro cassetto prelevavamo l'occorrente per lucidare e manutentare le nostre calzature, ci recavamo al piano superiore nei servizi igienici davanti al dormitorio per effettuare la pulizia personale, e con le calzature ben lucidate in mano, ed ai piedi delle ciabatte, con l'asciugamano in spalla passavamo innanzi al nostro Padre umile, che fermo sull'entrata del dormitorio, controllava orecchie mani e piedi e relative calzature, se tutto risultava in ordine e perfettamente pulito, solo allora potevamo accedere al dormitorio, altrimenti dovevamo ripetere la dovuta e necessaria pulizia personale.
Dopo l'accesso al dormitorio, avendo passato senza richiami l'ispezione di Padre Umile, potevamo finalmente sdraiarci nel nostro lettino, Padre Umile dava la buona notte e si congedava recandosi nelle sue stanze, seguivamo il rumore dei suoi passi, lo scricchiolio dei suoi sandali francescani, diventato per noi un avviso del suo imminente arrivo, lo scricchiolio si allontanava lungo il corridoio scomparendo nel silenzio; Frà Giacinto prendeva in consegna il dormitorio, dato che lui dormiva con noi, il suo lettino era diviso dagli altri da un separè, era il primo lettino della fila di destra all'entrata del dormitorio; percorreva quttro o cinque volte in lungo e in largo il dormitorio, per assicurarsi che tutti dormissero, ma non tutti avevano un impellente sonno, qualcuno provvisto di torcia elettrica, appena Frà Giacinto si ritirava dietro il suo separè, si nascondeva sotto le coperte a leggere qualche fumetto o peridico di avventura, in attesa che arrivasse il sonno, facendo attenzione che la luce non trapelasse dalle coperte. Il Sabato dopo aver ultimato i vari lavori assegnati, e aver completato i compiti scolastici, eravamo liberi di andare al campo di calcio a fare una partita, o quello che più ci andava di fare, basta non creare problemi o fare cose non permesse. Se durante la settimana trascorsa, non si erano verificati spiacevoli situazioni causate dai ragazzi, potevamo assistere alla proiezione di un film in 35 mm. proiettato nella sala Giochi alle ore 20, altrimenti si andava a letto. Così la Domenica, dopo le pulizie varie ed aver assistito alla Santa Messa, si poteva giocare in cortile o in sala giochi, andare al campo per una partita di calcio, pallavolo o palla a canestro. L'indomani iniziava un nuovo giorno a San Giuseppe.

Raffaele Favatà.


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